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POLITICHE del Lavoro -> Tipologie di lavoro

 - Legge 30( legge Biagi) 30/2003

Nel libro bianco di Biagi tra le tesi più gettonate spiccano maggiormente: l'abbandonare del metodo concertativo (accordo luglio 1993) a favore di interventi bilaterali tra le parti. Questo intervento è chiaramente volto a ridurre il potere delle organizzazioni sindacali nel confronto con Governo e parti sociali in merito alle problematiche che investono il Paese sui temi economici, produttivi, occupazionali e sociali. La riforma del mercato del lavoro, è giustificata per modificare un mercato rigido e poco flessibile, tesi supportata dall'analisi della ricerca dei dati OCSE che il mercato del lavoro italiano era il più rigido dei paesi europei, per cui era necessario individuare nuove tipologie contrattuali, tutte all'insegna della "flessibilità" anche perché i nuovi istituti dovevano eliminare il lavoro precario, il lavoro nero e sommerso, in favore di occupazione di migliore qualità.

Ma l'OCSE ha recentemente ammesso che uno dei parametri su cui misuravano la rigidità italiana era sbagliata perché nei costi del licenziamento il trattamento di fine rapporto veniva infatti calcolato come una indennità di buonuscita, per cui non è assolutamente vero che l'Italia aveva un mercato rigido.

Il legislatore demanda alle parti sociali la contrattazione di applicazione delle varie forme di contratto di lavoro.

La UIL del Piemonte, ha avviato una prima fase di ricerca (TAB_1 Tipologie di Lavoro Dlgs 276/03), raccogliendo dati quantitativi per procedere successivamente a un intreccio qualitativo delle diverse variabili (modelli organizzativi, settori di lavoro, diversificazione di sesso, ecc.

In questo quadro la UIL del Piemonte a 2 anni dall'applicazione della legge, ha svolto all'interno del proprio dipartimento del mercato del lavoro, un'indagine inerente a 77 rinnovi contrattuali riferiti rispettivamente agli anni 2004-2006.

I settori merceologici oggetto della ricerca, sono: manifatturiero, servizi, agricoltura, pubblico impiego, ecc. Si sono evidenziati aspetti concreti dei vari settori mettendo in luce le rispettive necessità delle aziende con le esigenze dei lavoratori.

L'analisi vuole individuare come sono state recepite le varie tipologie dei nuovi contratto flessibili ed atipici indicati dalla legge nella negoziazione delle parti sociali.

Per la raccolta della documentazione ci siamo avvalsi del portale specifico del sito del Cnel e del ministero del lavoro con la collaborazione attiva di tutte le categorie della UIL interessate al rinnovo dei contratti dopo l'applicazione del D.Lgs. 276/03.

Dobbiamo prendere atto che gli esiti dell'analisi sconta il fatto che alcuni contratti sono in fase di siglatura del rinnovo, come il settore dei metalmeccanici. Questo settore ha regolamentato solo l'istituto dei contratti dell'apprendistato.

L'analisi è composta secondo le seguenti linee guida indicate nella TAB_1

A.   Il contratto a tempo determinato TAB_1.1 è presente generalmente in tutti i contratti. Nel settore alimentaristi sono stati utilizzati il 50% dei 2 contratti negoziati, nel settore del commercio l'istituto è stato concordato al 70% dei 25 contratti rinnovati, così come per il settore edile con il 70% dei 6 contratti negoziati. Il settore dell'agricoltura con il 90% su 9 contratti rinnovati. Per tutti gli altri settori viene utilizzato al 100%.

B.   Il lavoro part-time TAB_1.2 , i risultati delle analisi rilevano un aumentato utilizzo del lavoro parziale in tutti i 77 contratti rinnovati così ripartiti:
68 contratti utilizzano l'istituto dal 60% al 100%, solo l'agricoltura su 9 contratti concordati utilizza questo istituto al 60%.

C.   Apprendistato TAB_1.3 continua ad essere utilizzata la legge 196\97 fino a quando sarà concordato tra le parti sociali e l'istituzione regionale rispetto all'applicazione della legge 80\2005. La legge 80\2005 intanto precisa come regolamentare il contratto di apprendistato con le seguenti opportunità:

1. Negoziazione di applicazione tra le parti sociali

2. Legislazione di applicazione da parte delle regioni con il consenso tra le parti sociali

In Piemonte le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto con la Regione e le altre parti sociali sugli aspetti formativi dell'apprendistato ed è partito l'iter per la legiferazione della materia.

L'apprendistato è presente prevalentemente su tutti i contratti, il settore del commercio lo utilizza al 92% dei 25 contratti rinnovati, il settore della sanità lo utilizza al 90% dei 10 rinnovati, mentre tutti gli altri settori sono al 100% dell'utilizzo dei contratti rinnovati.

L'istituto sembra il più apprezzato tra le parti sociali e potrebbe essere la novità per il prossimo futuro.

D.   Lavoro somministrato TAB_1.4 ex interinale l'istituto viene utilizzato in tutti i contratti, il settore dell'agricoltura sottoscrive al 60% dei 9 contratti analizzati, il settore tessile utilizza il 75% dei 12 contratti rinnovati, il commercio utilizza il 78% dei 25 contratti negoziati, gli edili utilizzano il 70% dei 6 contratti rinnovati, la sanità utilizza l'istituto al 90% dei 10 contratti rinnovati, il resto dei contratti rinnovati utilizza al 100% dell'istituto.

E.  Lavoro ripartito (job-sharing) TAB_1.5 l'istituto è utilizzato nel settore del commercio con il 60% dei 25 contratti rinnovati, tessili utilizza l'istituto al 92% dei 12 contratti rinnovati, il settore della sanità utilizza il 30% dei 10 contratti rinnovati, il settore alimentaristi utilizza il 50% dei 2 contratti rinnovati; per tutti gli altri settori l'istituto non è menzionato minimamente.

F. Lavoro a chiamata (job-on-call) TAB_1.6 l'istituto viene utilizzato nel settore commercio all'8% dei 25 contratti rinnovati, nel settore degli alimentaristi viene utilizzato al 50% dei 2 contratti negoziati, nel settore della sanità vengono utilizzati al 20% dei 10 contratti negoziati; per tutti gli altri settori analizzati l'istituto è assente.

G. Tele-lavoro TAB_1.7 nel settore della pubblica amministrazione è utilizzato al 100%

dei 3 contratti rinnovati, nel settore commercio utilizzato al 10% dei 3 contratti rinnovati, nel settore tessile al 75% dei 12 contratti rinnovati, nell'agricoltura utilizzato al 30% dei 9 contratti rinnovati, nel settore trasporto aereo è utilizzato al 100% dell'unico contratto rinnovato.

Per tutti gli altri settori che sono stati elencati nella tabella 1 , possiamo dire che il lavoro appalto è utilizzato nel settore del commercio al 24% dei 25 contratti negoziati, il lavoro in cooperativa al settore commercio al 3% dei 25 contratti rinnovati.

I dati fin qui presentati consentono di collocare le tipologie di contratti lavoro flessibili nel seguente modo: tempo amministrato - determinato - part-time - apprendistato- tele-lavoro, che sono maggiormente negoziati e che potrebbero essere punti di riferimento per il medio periodo.

La novità è il lavoro ripartito (job sharing) e i lavori di inserimento ex contratti di formazione lavoro, mentre per tutto il resto è un totale disinteresse tra le parti sociali.

La riforma del mercato del lavoro non ha aumentato il ventaglio di nuove forme di lavoro contrattuali, anzi al contrario, prevalgono ancora le forme di contratto di lavoro flessibile del pacchetto Treu con alcune novità.

Questo ultimo aspetto viene ulteriormente qualificato dalla ricerca dell'Associazione dei nuovi lavori 2006. Presentata al CNEL con la collaborazione dell'ISFOL l'analisi afferma che nelle imprese italiane del settore manifatturiero e del terziario (dal commercio alle attività immobiliari, ai trasporti, ai servizi dell'impresa) il 73,2% dei contratti è di tipo standard, ossia a tempo indeterminato, full-time, part-time. Il resto 26,8% è costituito da contratti non standard, ma fra questi i rapporti riconducibili alla legge 30\03 sono il 9,2% mentre il restante 17,6% riguardano modalità contratti flessibili precedenti, ossia l'apprendistato, il lavoro somministrato, il part-time, contratto di inserimento.

Ma in realtà i dati e gli effetti degli ultimi 5 anni della stagnazione industriale, ha creato: meno lavoro ai giovani, si è allargata la fascia dei senza lavoro per ristrutturazioni, crisi aziendali, si intensificano i fallimenti, in questo stato di cose alcuni imprenditori hanno usato in modo distorto i contratti di lavoro flessibili ed atipici, creando ulteriore lavoro instabile, con minore sicurezza sociale, lavoro precario e difficoltà al lavoratore di programmare il proprio futuro.

Tutto ciò non ha aiutato le aziende, perché "l'usa e getta" ha creato problemi collaborativi tra imprenditori e lavoratori.

E' bene chiarire, qui non si tratta di condannare la flessibilità ma di porre rimedio alle distorsioni a cui è possibile fare degli esempi.

1. Alcuni imprenditori utilizzano in sequenza discontinua gli istituti, invero assumono magari con lavoro somministrato per più anni, poi licenziano, poi riassumono con contratto a termine e così via, un arco di tempo che dura da uno, tre, addirittura più anni; ecco perché questa forma discontinua diventa precarietà

2.  Altri imprenditori usano i contratti flessibili solo ed esclusivamente come riduzione dei costi e in particolare con lavoratori a bassa qualificazione e in forma articolata questo crea altra precarietà

3.  Ci sono anche imprenditori che vogliono trasferire il rischio d'impresa sulle spalle dei lavoratori, per cui usano i lavoratori da 1 giorno a 6 mesi a secondo della quantità del lavoro, ma con tutti i ricatti che si possono immaginare

Una particolare attenzione occorre porre ai lavori atipici, dai co.co.co. (collaborazioni coordinate continuative) ai co.co.pro. (collaborazioni coordinate progetto), agli occasionali, lavori somministrati (fortunatamente hanno ereditato il contratto dei lavoratori ex interinali), questi lavoratori non solo lavorano anche loro in forma discontinua e per lunghi periodi con salari bassi,e con tutele basse, ma vengono utilizzati anche come se fossero (ma non lo sono) lavoratori a tempo indeterminato, creando concorrenza sleale tra lavoratori e aumentando i pericoli di precarietà.

Con questa ricetta non si costruisce una prospettiva salda che duri nel tempo.

La flessibilità doveva essere un'altra cosa, cioè una flessibilità che premiava le persone che si rendevano disponibili a gestire anche con creatività il proprio lavoro e soprattutto mettendo loro in mano la possibilità di sviluppo, di scambio professionale in vista di una nuova certezza lavorativa.

Una crescita solida ha bisogno di imprese serie e lavoratori affidabili (operai, tecnici, collaboratori) con cervelli pensanti, forniti di una formazione continua per aumentare le proprie competenze anche al servizio dell'aumento della qualità del lavoro e della competitività aziendale.

In questo quadro economico e sociale il cittadino che vive in costante incertezza, ha motivo di sollecitare lo Stato a intervenire per avere un diritto al lavoro e a una vita che non sia vissuta nella costante precarietà.

In ogni modo lo Stato deve individuare dei sistemi di sostentamento e continuità contributiva che salvaguardino il lavoratore in ogni specifico tipo di lavoro, così come è necessario intervenire per evitare l'uso distorto degli istituti contrattuali con regole certe e magari sanzionabili anche con disposizioni legislative in materia di statuto dei lavori, comunque la base di qualunque ragionamento deve essere la contrattazione tra le parti sociali delle flessibilità.

Nel contempo si deve intervenire anche rispetto alla materia della riforma degli incentivi a favore della stabilizzazione del lavoro.